Comunicare è fare cultura
Comunicare è fare cultura
23 Aprile 2019

Comunicare è fare cultura

Peter Parker aveva uno zio e questo un giorno gli dice che da grandi poteri derivano grandi responsabilità.

Ecco, io penso che la stessa cosa si possa applicare alla comunicazione. Se tu comunichi hai un grande potere e devi usarlo responsabilmente.

Blog e social sono canali che usi per raccontarti e per vendere, certo. Ma potresti usarli con un sottotesto più alto. Potresti per esempio comunicare dei valori, i tuoi valori. Che magari possono essere sposati e sostenuti in modo attivo dal tuo pubblico. Con le cose che racconti online, con le foto, i video e i post, tu puoi influenzare le persone che ti seguono, cambiare la loro visione del mondo (se sei molto bravo e se hai di fronte persone propense al cambiamento) e, in ultima battuta, puoi educare.

Se anche tu, come me, sogni un mondo aperto e inclusivo, pacifico e non arrogante, allora puoi farlo usando la comunicazione del tuo lavoro/progetto. Dico scemenze? Non credo.

Un brand forte ha una voce unica

La tua priorità, come freelance o piccola ditta, secondo me, è sempre quella di realizzare prodotti/servizi utili e che tengano il cliente al centro. Ma puoi (devi?) anche dar voce alle cose in cui credi. Quello che voglio dire, in buona sostanza, è che non devi avere paura di esporti. Non puoi pensare di essere un brand forte, con una voce unica, se tendi a comunicare in modo neutro e democristiano, perché hai paura di inimicarti qualcuno e vuoi accontentare tutti. Neppure Coca-Cola accontenta tutti: ci saranno sempre i detrattori delle multinazionali, i pasionari del sugar-free, i dentisti anti-carie e via discorrendo.

Io credo fortemente che se vuoi comunicare oggi, con personalità e una certa dose di responsabilità sociale, non puoi farti schiacciare dal pensiero imperante, dalla massa. Perché magari così facendo vai contro i tuoi principi.

Fare cultura

Il pubblico va educato. E tu puoi farlo, perché, anche se magari non ci hai mai pensato prima, tu fai cultura con la tua comunicazione. Non stai solo vendendo magliette, faccio per dire. Stai mettendo i mattoncini per un mondo migliore. Se lavori in proprio, fai parte del tessuto del Paese e lo sostieni ogni giorno col tuo lavoro. Con la tua comunicazione quindi puoi fare molto per rendere l’Italia un posto più aperto, tollerante, inclusivo.

Certo, se ti esponi potresti perdere i clienti che non sono d’accordo con te. Se così capitasse, si vede che non erano quelli giusti. Noi tempo fa abbiamo scritto un post dove dicevamo che crediamo in un mondo aperto: non ci voleva un genio per capire che ci riferivamo agli immigrati, per noi un valore piuttosto che un problema. Abbiamo perso iscritti dopo quella newsletter? Sì. Più del solito? Sì. E sai cosa ti dico. Ma meglio così! Chi non voleva ascoltarci ha fatto bene a cancellare l’iscrizione: perché i nostri contenuti andranno sempre di più in quella direzione.

Io sono convinta che noi, con la nostra comunicazione, possiamo gettare semi di cambiamento.

Ma vogliamo andare sul concreto? Ti faccio due esempi che, in questi mesi, mi hanno colpito positivamente.

Asos

Asos è un brand britannico che vende online abiti, accessori, scarpe, cosmetici e oggettistica per la casa. È un fenomeno globale, consegna in pochissimi giorni, ha tantissimi brand. Ed è super inclusivo. Le modelle, da qualche anno, non vengono più photoshoppate: smagliature, nèi, cicatrici, macchie della pelle, buccia d’arancia. Donne bellissime e molto vere. Non solo, i modelli sono di etnie e taglie delle più disparate. Alcune tipologie di abito, poi, vengono indossate da persone con taglie differenti: così si vede come cade come lo stesso tipo di maglietta/pantalone/gonna su corpi diversi. E, ultimamente, Asos si è aperto sempre di più, introducendo modelli e modelle con disabilità: senza arti o sulla sedia a rotelle. Io non so te, ma io mi sento rappresentata comunque. Non li vedo affatto come corpi con i quali non riesco a identificarmi o che mi distraggono dall’abito. Mi danno semplicemente uno specchio della realtà.

Gaia Segattini Knotwear

Gaia Segattini Knotwear è la linea di maglieria di Gaia Segattini, fashion designer, blogger e consulente marchigiana. Sono capi di pregio realizzati in filati da eccedenze di magazzino, made in Italy e in edizione limitata. Sono soprattutto genderless, cioè unisex come si diceva una volta. E questa filosofia si ripercuote nella scelta dei modelli che indossano i maglioni, i cardigan e le sciarpe di Gaia: uomini e donne, giovani e meno giovani, magri e con la ciccia, di qualunque orientamento sessuale. Una liberazione vedere persone comuni e bellissime, nella loro eccezionale normalità. Gaia ha un prodotto preciso e curato, un target pensato, una comunicazione visiva che riflette specifici valori e li irradia. Gaia non propone solo un maglione, ma un modo di vedere la realtà. Io non compro una maglia, compro il desiderio di un mondo più aperto.

E tu cosa ne pensi? Sei pronto a far diventare la tua comunicazione più inclusiva?

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