Le etichette a volte sono tutto
Le etichette a volte sono tutto
16 Novembre 2017

Le etichette a volte sono tutto

[Questo è un post dove faccio delle riflessioni, dove racconto una fase in progress di Zandegù. Ci sono tante domande, come sempre. E ancora poche risposte. Mi piaceva, per una volta, raccontarti una cosa mentre la stiamo vivendo, invece di scrivere un post tra qualche mese per raccontarti com’è andata a processo finito]

Uff, quante domande!

Chi siamo? Dove andiamo? Che senso ha la nostra esistenza? C’è vita oltre a noi?

Le famose domande che prima o dopo ci siamo fatti tutti, no? O, almeno, io me le sono fatte centinaia di volte, quando ero adolescente e cercavo di dare un senso alla mia presenza su questa terra.

Domande che continuo a farmi ancora oggi, solo che me le pongo in relazione a Zandegù. Cos’è Zandegù? Dove andrà nel prossimo anno? E nei prossimi 5? E poi tra 10 dove sarà? Che senso ha la nostra presenza qui a Torino? Possiamo fare altro?

Ho sempre pensato che farsi domande, mettere in dubbio quello che facciamo, prima che lo facciano gli altri, sia il modo migliore per crescere, anzi no, per progredire.

Esagerüma nen

La Zandecasa, che abbiamo inaugurato un anno fa, è stato un passo enorme. Ed è stato, allo stesso tempo, un po’ come ripartire da zero. Quando ho iniziato 5 anni fa, avere una sede era un sogno così grande che a volte mi imbarazzavo un po’ ad averci anche solo pensato. “Ma no dai, è troppo, non succederà mai”, mi dicevo. E poi quel sogno è diventato un obiettivo, e da obiettivo si è trasformato in realtà.

Appena abbiamo finito di pulire i resti della festa di inaugurazione, mi sono subito trovata spaesata. E ora? Ora che facciamo? Dove si va, adesso che i sogni sono finiti, i traguardi raggiunti? Ne ho già parlato in questo post. Siccome mi trovavo per la prima volta a essere insicura della direzione da prendere, abbiamo iniziato un lavoro di consulenza con Enrica Crivello. Un lavoro che è iniziato a luglio e che finirà a gennaio 2018.

Casa editrice?

Una delle prime cose che ho detto a Enrica è stata: io non so dare una definizione in 3 parole di Zandegù. Se mi chiedono cos’è che faccio per lavoro, io rispondo “Zandegù è una casa editrice bla bla bla”. Ecco, peccato che Zandegù non sia solo una casa editrice. Facciamo anche corsi. Organizziamo anche eventi. Ora ci sono pure i corsi online. A ben vedere, gli ebook sono solo una parte di noi, e forse nemmeno la principale. Casa editrice è corretto, ma non accurato, non abbraccia le nostre mille facce. Sarebbe meglio definirci Cubo di Rubik, per dire. A tratti, trovo che sia anche un po’ limitante: e se in futuro volessimo fare altro? Non ci starebbe un po’ stretta questa etichetta?

Enrica mi guarda e mi dice: “Sì, questo è il punto centrale. Dobbiamo finalmente capire chi siete”.

Boom!

Ok, sono 5 anni che lavoro per una realtà che non so nemmeno bene cosa sia? Com’è possibile? Eppure l’ho creata io stessa e ne facciamo di roba, abbiamo le idee, e pure le competenze. Eppure.

Eppure, un’etichetta precisa qua ci starebbe bene, aiuterebbe a chiarire cosa vogliamo fare, come vogliamo essere percepiti dagli altri, come ci proponiamo, a spiegare meglio la nostra funzione, il senso che abbiamo su questa terra.

Faccio un esempio: un anno fa ho preparato dei flyer. Non per i corsi. Proprio dei flyer di Zandegù. Invece della classica (e vecchiotta) brochure, o del biglietto da visita, ho fatto stampare delle cartoline con 10 righe che spiegano cosa facciamo e i nostri contatti. Pur di non scrivere “casa editrice”, perché mi sembrava riduttivo, ho scritto che “Zandegù è una banda di matti”. Certo, fa ridere e ci sta anche. Ma ora serve una definizione più inclusiva, più rappresentativa, più corretta.

Le etichette a volte sono tutto

Dico a volte, perché è poi anche molto vero che le definizioni possono essere imprecise e limitanti. Però, in questo preciso momento della nostra storia, ho bisogno di un paio di parole che ci raccontino in modo chiaro e sintetico. Facciamo tante cose, tante cose anche strane e dobbiamo per forza essere chiari verso l’esterno.

Un lavoro difficilissimo, come puoi immaginare. Una cosa piccola questa, che è in assoluto la cosa più difficile che ho mai fatto con Zandegù. È come battezzarla di nuovo. È come rinascere.

Forse sbaglio, ma ho enormi aspettative su questo piccolo dettaglio. Sono certa che, dopo aver trovato la nostra etichetta, sarà più facile camminare, andare avanti, progredire, crescere.

Fendinebbia

Non vedo l’ora, è una cosa che mi emoziona molto e a cui tengo tanto ed è per questo che te la racconto mentre ci sono immersa fino al collo. A febbraio vedremo quale sarà il risultato di tutto questo lavoro. È un periodo molto nebbioso, ma è una nebbia bella, se devo dire. Piena di incognite, possibilità, creatività e voglio prendere tutto il meglio di questo caos!

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